Sono numerose le novità, a favore del settore, nel decreto casa, il Dl 47/2014, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 73 del 28 marzo 2014. La principale è la riduzione, al 10%, della cedolare secca sugli affitti abitativi. Visto che questo regime di tassazione diventa più conveniente, è importante capire come deve fare per entrarvi chi finora ha pagato l’Irpef ordinaria. La questione riguarda molti: gran parte dei proprietari finora ha optato per il canone di mercato.
Per passare alla cedolare secca, il proprietario e l’inquilino dovranno, di comune accordo, risolvere l’originario rapporto contrattuale di locazione, assoggettato all’imposta del 21%. A quel punto, ne potranno sottoscrivere uno nuovo sulla base delle disposizioni sui contratti concordati, esclusa l’applicazione dell’Istat. E godere così dell’aliquota più ridotta.
La cedolare secca è una forma alternativa di fiscalità, che sottopone le rendite da locazione abitativa tra persone fisiche ad un prelievo tout court in sostituzione alla ordinaria tassazione Irpef.
In sostanza, l’articolo 9 del Dl 47 riduce la percentuale dell’imposta al 10%, anche se solo per i contratti a canone concordato. Ma il vero cambiamento interessa anche chi ha un contratto a canone di mercato, perché potrebbe essere invogliato a passare a quello concordato. Infatti, la differenza tra i due regimi di cedolare è ormai molto forte: tra il 21% e il 10 % la differenza è dell’11% e in parecchie città la linea che separa il canone concordato (un tempo assai più basso) da quello di mercato (che negli ultimi anni ha subìto un crollo generale) è minima.
La riduzione si innesta sul quadro precedente. Sinora era previsto:
- per i contratti a regime ordinario o di mercato (4 anni+4,) l’aliquota del 21%, tuttora vigente e applicabile sull’intero territorio nazionale;
- per i contratti concordati, quelli che applicano i canoni previsti dagli accordi territoriali, prima il 19%, poi ridotto al 15% e ora, dopo la pubblicazione del decreto casa, al 10%.
Ma quest’ultima aliquota è applicabile solo nei comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Le aliquote colpiscono l’intero importo del canone e i contribuenti non godono, quindi, delle detrazioni previste nel caso di assoggettamento di quegli imponibili all’Irpef.
La scelta tra le due diverse forme di tassazione (Irpef o cedolare) è a discrezione del locatore. L’opzione può essere contenuta nel contratto o formulata in corso di rapporto. In tal caso, la scelta deve essere preceduta, obbligatoriamente, dalla comunicazione al conduttore della rinuncia all’aggiornamento Istat annuale del canone.
Ma quali scelte può fare oggi il proprietario? L’opzione per la cedolare, se già contenuta nel contratto originario, non determina altri adempimenti, risultando già nel mod. 69 dell’agenzia delle Entrate, modulo con il quale si provvede alla normale registrazione del contratto: l’aliquota ridotta scatta automaticamente.
Se invece la scelta viene operata in corso di rapporto, nel senso che il proprietario aveva originariamente optato per l’Irpef, questi deve effettuare due adempimenti: dopo la comunicazione all’inquilino della rinuncia all’adeguamento Istat, l’opzione per la cedolare va comunicata all’agenzia delle Entrate, sempre attraverso il mod. 69, da presentare all’ufficio.
La cedolare secca assorbe ed esclude ogni altra imposta che riguardi il rapporto di locazione. Pertanto non si dovranno più corrispondere l’imposta di registro annuale – neanche per eventuali modifiche del contratto (anticipata risoluzione, modifica del canone), bollo – e, come detto, l’Irpef. Attenzione perché, nel caso di erroneo pagamento, gli importi non sono restituibili. Gli adempimenti per l’imposta sostitutiva – scadenze e modalità (acconto e saldo) – sono gli stessi dell’Irpef (le istruzioni sono sul sito dell’agenzia delle Entrate).